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La luganega trentina

La luganega è il salume tipico trentino per eccellenza. Si tratta di un insaccato a base di carne magra di suino e di lardo, macinata a grana media, alla quale si aggiungono sale, pepe macinato e aglio. Le carni sono insaccate in budello naturale in file lunghe anche quattro metri e legate a intervalli regolari in salamini di 10/15 cm con un diametro che va dai tre ai cinque centimetri. Terminata la lavorazione, la carne rimane per circa una settimana in un apposito locale di asciugatura, costituito da una sala climatizzata a temperatura ed umidità controllate. Dopo l’asciugatura, si passa alla stagionatura, che avviene sempre in un locale climatizzato, isolato termicamente. Il periodo di stagionatura è di 40 giorni circa, a una temperatura costante di 14°C e un’umidità dell’80%. Sulla base comune, piuttosto semplice, ogni vallata trentina aveva elaborato in passato la sua particolare variante: in alcune zone si aggiungevano al suino parti di carni bovine, ovine e caprine (in questo modo si usavano le carni degli animali a fine carriera) oppure di selvaggina. Differenze esistevano anche nella stagionatura, in alcune vallate si consumavano più stagionate, oppure erano rese più saporite da una concia arricchita di chiodi di garofano e cannella. La luganega fresca è l’ingrediente classico di molti piatti tipici, in particolare i canederli (a base di pane raffermo), il tonco de pontesel (simile allo spezzatino, ma con un’aggiunta di luganega e legato con farina di frumento tostata), i crauti (ai quali viene aggiunta durante la cottura), lo smacafam, un tipo di torta salata da consumare calda legata al carnevale, il cui termine trae origine da smaca= picchia con forza e fam= fame e si riferisce alla capacità di placare l’appetito. La pasta di luganega può essere anche cotta alla piastra e servita con polenta o come farcitura di panini durante le numerose sagre e feste campestri, tipiche dell’area. Di luganega si potrebbe parlare per ore e le sue varianti in tutta l’area del nord-est Italia sono infinite, come ironizza un celebre proverbio veneto: “L’è più dì che luganeghe”, vale a dire “Ci sono più giorni che salsicce”.

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