Cultura

La faccia oscura del turismo

Non sempre la crescita esponenziale di presenze derivanti dal turismo viene vissuta come un fenomeno esclusivamente positivo.

In epoca recente si è assistito a una sorta di controtendenza, con locali fenomeni di insofferenza verso l’invasione di turisti, come le proteste dei cittadini di Barcellona sulla Rambla o gli striscioni esposti a Palma di Maiorca che sentenziavano “less tourism, more life”, ma anche iniziative istituzionali per frenare l’arrivo di turisti, come l’intenzione da parte del governo della Grecia di introdurre una nuova tassa turistica di 20 euro per i visitatori che sbarcano a Mykonos e Santorini tramite navi da crociera, iniziativa che nasce in una nazione dove il settore turistico contribuisce per circa il 25% all’economia.

Il turismo, in specifiche location o situazioni, raggiunge spesso livelli incredibili, basta pensare che Venezia registra costantemente una presenza superiore a 14 mila turisti per chilometro quadrato.

Da qui nasce il termine “overtourism”, traducibile come “sovraffollamento turistico”, il fenomeno definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo come “l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.

Tutti comprendono facilmente i grandi benefici derivanti da una forte presenza di turisti, ma pochi considerano le conseguenze che toccano le comunità delle località più gettonate, come ad esempio l’inquinamento causato dai trasporti e lo sfruttamento delle risorse locali, in particolare quelle idriche, oltre all’alterazione degli ecosistemi causata dagli effetti della cementificazione e dall’enorme produzione di rifiuti.

Le considerazioni sull’overtourism propongono un punto di vista decisamente contraddittorio su uno dei temi che sta più a cuore in tutto il settore dell’accoglienza, in particolare in Italia e merita quindi un più documentato approfondimento.

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