Il pane che mangiamo oggi è sostanzialmente diverso da quello che si consumava all’inizio dell’anno mille, quando veniva impastato con cereali di vario genere, ma anche con ghiande, bacche ed erbe a volte dotate di proprietà allucinogene. Nei periodi di più grave carestia si mischiava alle farine addirittura del terriccio, ma fortunatamente col passare degli anni la situazione di migliorato benessere, cambia i materiali e i metodi di panificazione.
Elemento centrale dell’alimentazione, il pane è da sempre considerato un cibo sacro e la sua produzione veniva infatti spesso ritualizzata con feste sia nelle famiglie che nel paese.
Il giorno della panificazione era un appuntamento fisso per le massaie contadine: si iniziava la sera con il recupero del lievito conservato dall’ultima panificazione e la formazione dell’impasto, che lievitava nel majustr, un recipiente d’argilla.
La mattina dopo si faceva un impasto più grande, fino a 15 chili di farina nelle famiglie più numerose e dopo la lievitazione il fornaio passava a prendere il pane. Le donne si recavano poi al forno, dove seguivano con apprensione la sorte del proprio pane e per riconoscerlo lo marchiavano con timbri di legno duro, che oltre a servire da riconoscimento del proprio pane avevano lo scopo di trasmettere le virtù omeopatiche dei simboli stessi. Numerosi timbri del Pane di Matera, sono esposti presso il Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola. Il taglio a croce fatto sul pane, invece, era in uso per favorire la lievitazione ed alcuni gli attribuiscono anche un valore religioso o comunque una funzione apotropaica, atta cioè a scongiurare maligni.
Il Pane di Matera è uno dei pochi pani IGP in Italia e l’unico in Basilicata. Molto simile al pane di Altamura, quello di Matera è meno famoso e meno facile da reperire al di fuori della zona di produzione, forse perché la sua certificazione è arrivata solo nel 2008, 5 anni dopo rispetto alla DOP del pane di Altamura, che invece si trova in ogni supermercato e panetteria italiani.
L’elevato pregio qualitativo di questo pane, che si è fedelmente tramandato nel tempo, è riconducibile alla modalità di preparazione del lievito madre, che consente di utilizzare ceppi di lievito che si sviluppano nel territorio di produzione, ma anche alla specificità della “collina materana” che, grazie alle sue caratteristiche pedologiche (terreni argillosi) e climatiche (piovosità media di 350 millimetri annui), è particolarmente vocata per la produzione delle vecchie varietà di frumento duro, che assicurano un’ottima attitudine alla panificazione delle semole.
L’utilizzo di essenze legnose locali, che esaltano il profumo e l’odore caratteristici del prodotto, completano un’opera di grande creatività dell’uomo, che ha fatto del “Pane di Matera” il prodotto tipico di una ben delimitata area geografica, espressione di una particolare civiltà (la “civiltà contadina”), oltre che primaria risorsa economica.
Per queste ragioni, l’Indicazione Geografica Protetta “Pane di Matera” è propria del pane ottenuto mediante l’antico sistema di lavorazione, tipicamente utilizzato dai panificatori del Materano. Tale sistema prevede l’utilizzo esclusivo di semola di grano duro (triticum durum) le cui caratteristiche qualitative devono essere in linea con specifici parametri in termini di percentuale di glutine, indice di giallo, umidità e percentuale di ceneri.