Alla scoperta della Brianza
Sono tre gli elementi paesaggistici che caratterizzano la Brianza, risalendola dalla cintura milanese verso nord: la pianura, i laghi e le colline, che evolvono in vere e proprie montagne. Da un punto di vista geografico e politico, la Brianza identifica un territorio della Lombardia non corrispondente a un ente territoriale specifico, infatti i suoi comuni appartengono alle province di Como, Lecco, Monza e Brianza, e in piccola parte alla città metropolitana di Milano. L’origine del nome Brianza più accreditata è quella da brig, bricch, alture, anche se esistono altre teorie più affascinanti ed epiche che attribuiscono la derivazione del nome da Brianteo, generale al seguito delle truppe di Belloveso, che dal VII al V secolo a.C. avrebbe occupato il territorio dell’Insubria in Italia Settentrionale; un’altra storia trae origine dal termine Briganti, introdotto da una tribù celtica della Britannia che abitava tra i fiumi Tyne e Humber e che potrebbe avere avuto origini comuni con tribù di Briganti Celti delle Alpi con stazionamenti prealpini. Impossibile poi non ricordare i Bravi di cui ha parlato Manzoni nel celebre romanzo “I promessi sposi”, riferendosi al fenomeno del brigantaggio che in Brianza ha trovato rifugio tra boschi e colline. Quando l’11 giugno 2004, è stata istituita la provincia di Monza e Brianza, divenuta operativa nel giugno 2009 con l’elezione del primo consiglio provinciale, è nato il malinteso che il territorio definito dalla provincia rappresenti la Brianza, di cui è viceversa solo la parte bassa, costituita solo da 9 comuni, che contano comunque circa il 60% del milione e mezzo di abitanti dell’intera area. La città di Monza, già residenza estiva del regno longobardo all’epoca di Teodolinda e Agilulfo, è il capoluogo della provincia e il punto di riferimento del territorio riconosciuto come Brianza, terzo comune della regione Lombardia per popolazione, pre ce duto solo da Milano e da Brescia. Conosciuta in epoca romana come Moguntiacum, la città conobbe un periodo di particolare rilevanza politica e di intenso sviluppo artistico durante il VII secolo, quando fu capitale estiva del Regno longobardo; in seguito, la città entrò nei domini del Sacro Romano Impero, per confluire nell’orbita di Milano a partire dall’XI secolo. Nel 1900, per la precisione il 29 luglio, la città divenne tristemente famosa per l’assassinio del Re d’Italia Umberto I, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Il nostro viaggio nel territorio della Brianza si muoverà da nord verso sud, attraverso borghi, curiosità e molta natura, toccando l’anima più intima di questo prestigioso angolo d’Italia.
I BORGHI: MARCONAGA A ELLO E RAVELLINO A COLLE BRIANZA
Una delle caratteristiche più impressionanti della provincia di Monza e Brianza è senza dubbio quella di avere una superficie urbanizzata particolarmente elevata: l’indice medio di consumo di suolo, calcolato come rapporto tra superficie urbanizzata e superficie totale, supera infatti il 53%, la più alta percentuale fra le province lombarde. Tuttavia, la vera Brianza conta anche molti borghi piccoli e ameni, dove è facile evadere dallo stress delle grandi città e arterie stradali: è il caso del borgo di Marconaga, una delle frazioni di Ello e di Ravellino, entrambi in provincia di Lecco. Il primo è costituito da una piazzetta elegante, la chiesetta intitolata a San Bernardo, l’inizio del Sentiero della Seta che porta al torrente Gandaloglio: la magia di Marconaga è racchiusa tutta qui. Il borgo fu fondato da un certo Marco di Nava, da cui deriva il nome del luogo e ha fatto parte del comune di Dolzago per diverso tempo, un luogo caratterizzato da pace e tranquillità dove passeggiare nella natura di fianco a un grazioso torrente, in una scenografia rilassante e spettacolare. Un interessante tragitto nei boschi, adatto a tutti, bambini inclusi, poiché non presenta alcun tratto pericoloso, né in salita né in discesa, è quello che conduce da Marconaga a Ravellino, luogo dove è nato Giuseppe Ripamonti, ispiratore di Alessandro Manzoni per la stesura dei Promessi Sposi, grazie alla sua cronistoria della peste di Milano del 1630. All’epoca il borgo si chiamava Tegnone e custodiva già la Chiesa della Madonna della Ceriola, che accoglie al proprio interno una preziosa pala d’altare degli inizi del XVII secolo, ma da non perdere è anche il lavatoio, la cui vasca più piccola presenta una base in granito che si dice sia il coperchio di un sarcofago: uno dei tanti massi avelli presenti in Brianza.
QUATTRO PASSI NEL CENTRO DI SEREGNO
La Brianza è ricca di piccoli centri molto operosi, con un numero di abitanti assestato intorno alle 30/40 mila unità: è il caso di Limbiate, Cesano Maderno, Cantù, Desio, Seregno e Lissone, tutte cittadine che meritano di certo una visita. Noi abbiamo scelto di soffermarci a Seregno, un centro che ha visto il raddoppio della propria popolazione residente dal 1950 ad oggi. Nonostante si ipotizzi un’origine romana, anche se le notizie in merito sono lacunose, il primo documento che cita Seregno risale al 1087, un atto con il quale Pietro da Seregno cede parte dei beni da lui posseduti alla canonica di Sant’Ambrogio di Milano, da cui si attendeva aiuto e protezione. Il centro storico di Seregno consente di osservare il nucleo antico della città, il cui asse principale è rappresentato da via Verdi, via Trabattoni e corso del Popolo, mentre gli assi secondari sono costituiti da via Umberto I, via Garibaldi e via Cavour. Di notevole interesse sono la Basilica di San Giuseppe, inaugurata nel 1781 su progetto di Ermenegildo Pini, il “papà” del Pio Albergo Trivulzio, la Torre del Barbarossa, che si dice sia stata costruita per volere dell’imperatore Federico I Barbarossa, bensì sia estremamente più probabile che fosse il campanile dell’antica chiesa di San Vittore, la fontana del Mangia Bagaj, al centro di Piazza Martiri della Libertà, di fronte al Palazzo Municipale, che raffigura un biscione intento a mangiare un bambino, simbolo visconteo, per finire con due edifici gloriosi, il Palazzo dei nobili Medici da Seregno in Via Cavour e il Palazzo del Vescovito di via Garibaldi. Se chiedete a un seregnese puro dove trae origine quel senso del dovere e quella propensione al lavoro e alla fatica che contraddistingue lo spirito di questa città, vi citerà un famoso detto dialettale che recita “Chi g’ha un mestee in man, g’ha manca maj ‘n tòcch de pan”.
IL FASCINO DI MONTEVECCHIA
“Quella delle terrazze di Montevecchia è tra le più belle posizioni della Brianza: uno spalto altissimo, un balcone che si erge, fuori dalle nebbie, e si affaccia dritto a sud”, così lo scrittore Mario Soldati descrisse questo paesino di meno di tremila abitanti, sede del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, il cui punto più alto si trova a 503 metri sul livello del mare. Distante solo 30 chilometri da Milano, già nell’origine del nome il paese desta interesse e sorpresa: una prima interpretazione ne attribuisce la derivazione dal latino Mons Vigiliae (monte delle Vedette), involgarito nel tempo in Vegia che in dialetto brianzolo significa Vecchia; una seconda, ritenuta più veritiera, è quella celtica, Owignya oppure Owikya, indicanti la presenza di pecore, agnelli o cervi, evoluta in diversi termini sempre più orecchiabili, fino all’attuale Montevecchia, in uso certamente dopo il 1875. Nonostante la maggiore altezza, rispetto al territorio circostante si riscontrano circa 2°C in meno d’estate e 2 in più in inverno: questo strano caso di temperatura che aumenta in inverno con l’altezza è dovuto a una particolare esposizione solare e infatti non è raro trovare, sul versante meridionale del colle, piante da clima mediterraneo, come la vite e diversi tipi di erbe aromatiche. Sul punto più alto della collina di Montevecchia sorge il santuario della Beata Vergine del Carmelo, di origini medievali, erede della prima chiesetta che i Longobardi dedicarono a San Giovanni Battista, uno dei loro santi preferiti. Quando un incendio la distrusse nel 1570, venne successivamente sostituita con il santuario, che splende sulla collina dal 1630. Dalla cima si gode una magnifica vista su Milano e dopo il tramonto questa suggestiva veduta della grande città sullo sfondo crea una delle atmosfere più romantiche di tutta la Brianza.
IL PARCO DELLA VELOCITÀ
Il Parco di Monza è uno tra i maggiori parchi storici europei, il quarto recintato più grande d’Europa e il maggiore circondato da mura. Il parco fu voluto da Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone e viceré del Regno d’Italia, come complemento alla Villa Reale, inaugurata dagli Asburgo nel 1780 e prese vita nel 1808, per divenire poi aperto in via definitiva al pubblico dal 1861. Il parco, situato tra i comuni di Monza, Lesmo, Villasanta, Vedano al Lambro e Biassono, ha una superficie di 688 ettari e pur avendo perso gran parte dell’originaria fisionomia, conserva una buona varietà arborea, particolarmente significativa e importante, se contestualizzata nel panorama quasi interamente urbanizzato di Monza e dei comuni subito a nord di quest’ultima. Grazie all’opera di Luigi Villoresi, nel parco vennero piantate numerose specie vegetali, sia autoctone, sia esotiche, al tempo erano addirittura attestate 43 specie di Quercus, 30 di Fraxinus, 22 di Prunus e 16 di magnolia; oggi la testimonianza più interessante è rappresentata dalla presenza del Bosco Bello, una delle ultime testimonianze delle antiche foreste di pianura presenti in Lombardia. Il parco racchiude anche l’Autodromo nazionale di Monza, con cui ha una convivenza fatta di altalenanti sentimenti, con periodi di grande sintonia, alternati da momenti di contrasto: l’abbinamento tra natura e motori, se pur tipico di altre sedi storiche di circuiti, basti pensare al mito di Spa-Francorchamps, circuito immerso nella foresta delle Ardenne, rappresenta un binomio di non facile gestione. Il circuito è il terzo autodromo permanente più antico al mondo, dopo quello di Brooklands in Inghilterra e di Indianapolis negli Stati Uniti d’America, oltre ad essere la sede storica del Gran Premio d’Italia, disputatosi sempre qui a parte qualche sporadica eccezione. Inaugurato il 3 settembre 1922, ha ospitato la Formula 1, la mitica 1.000 chilometri, la 500 miglia, in collaborazione con l’United States Auto Club e l’Indianapolis Speedway Corporation, il Monza Rally Show e prestigiose gare su 2 ruote, come il Gran Premio delle Nazioni del motomondiale e il mondiale Superbike.