Tutti i volti di Venezia
Nell’immaginario collettivo, quando si parla di Venezia, si pensa solitamente al centro storico, costituito dai sestieri della città lagunare, che a novembre 2017 contava poco più di 53 mila abitanti, mentre in realtà la città metropolitana di Venezia è il secondo comune della regione per popolazione dopo Verona e primo in Veneto per superficie, con territori insulari e diverse aree di terraferma, articolati attorno ai due principali centri di Venezia (al centro dell’omonima laguna) e di Mestre (nella terraferma), con un conteggio totale di oltre 250 mila abitanti. Considerata una delle capitali del cinema europeo, insieme a Cannes e Berlino, vede nella Mostra internazionale d’arte cinematografica uno dei momenti più cult dell’anno, ma l’affascinante e unica città viene costantemente frequentata e vissuta da numerosi VIP dello spettacolo, dello sport, della politica e della scienza. Città natale del grande esploratore Marco Polo, dell’avventuriero Giacomo Casanova e del commediografo Carlo Goldoni, la città ha visto nascere numerosi altri personaggi famosi, dal compositore Antonio Vivaldi all’artista Giambattista Tiepolo fino ai pittori Tintoretto e Francesco Hayez; in epoca più recente Venezia è stata la culla di personaggi dello spettacolo celebri in tutto il mondo come Terence Hill e Patty Pravo. Il nostro breve viaggio in una città ricca di luoghi incantati e di misteri non è classico, ma rappresenta una sorta di caccia al tesoro, alla ricerca di alcuni volti e di alcuni segreti che potrebbero sorprendere o che, qualche volta, possono passare inosservati perché nascosti dalla vicinanza di monumenti e luoghi di grande fama internazionale. I modi con cui Venezia può stregare un turista curioso sono in realtà infiniti e gli esperti appassionati sono sparsi in tutto il mondo, saremmo pertanto felici se almeno uno dei nostri suggerimenti dovessero lasciarvi sorpresi e, magari, essere la scusa per la vostra prossima visita.
IL MISTERO DELLA STATUA DI NAPOLEONE
Non ricordate di avere visto una statua che raffigura Napoleone Bonaparte in sembianze di imperatore romano in Piazzetta San Marco “a piè della facciata dell’antico palagio ducale, e pressoché alla metà di essa”? Non dovete stupirvi: nonostante l’esatta descrizione riportata negli “Annali delle province venete dall’anno 1801 al 1840” di Fabio Mutinelli, in tale posto la statua non c’è! Non è uno scherzo, è solo la fine di una curiosa storia, nata il 15 agosto 1811, quando una statua di 243,8 centimetri di altezza realizzata da uno scultore pressoché sconosciuto, Domenico Banti, venne collocata in Piazzetta San Marco, mostrando ai passanti una versione altisonante di Napoleone “con la clamide ricadente in largo panneggiamento e la mano destra distesa in atto di pacificare il mondo” (citazione da “I francesi a Venezia e la satira” di Vittorio Malamani). Successiva – mente, a seguito della notizia dell’abdicazione da parte del famoso condottiero, il 19 aprile 1814 la statua fu ripetutamente ingiuriata da una folta schiera di abitanti di Venezia, provocando alcuni scontri di piazza; la notte successiva la statua venne rimossa e ricollocata nell’isola di San Giorgio Maggiore da cui, un paio di anni dopo, scomparve definitivamente. Solo nel 2002 la statua ritornò in scena, battuta in un’asta di Sotheby’s a New York e successivamente donata al Museo Civico Correr, riportando curiosamente l’opera nella prestigiosa Piazza San Marco, a due passi dalla sua collocazione originaria.
IL CONTROVERSO TRIBUTO AD ANTONIO CANOVA
La basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, comunemente detta solo i Frari, è la più grande delle chiese di Venezia, in stile gotico veneziano in cotto e pietra d’Istria, con pianta a croce latina con tre navate con archi ogivali che poggiano su sei colonne per lato. Un’opera imponente, che si incontra a Campo San Polo, di 102 metri di lunghezza, 48 metri nel transetto ed alta 28 metri e che ha ricevuto, nel 1926, il titolo di basilica minore da papa Pio XI. Numerose le opere d’arte contenute al suo interno, tra cui 17 altari monumentali, uno dei quali in marmo di Carrara dedicato allo scultore Antonio Canova; non si tratta in realtà di una vera tomba, poiché le spoglie del grande maestro sono custodite a Possagno, sua città natale, mentre qui c’è solo il cuore. L’opera è inusuale, già a partire dalla forma, perché la piramide rappresenta il grande architetto dell’universo, ovvero la divinità dei massoni e ben difficilmente la si può osservare all’interno di una chiesa. Se siete appassionati di misteri e in particolare di simbologia massonica qui gli spunti si sprecano: c’è un angelo con le ali aperte, un leone addormentato con un libro chiuso tra le zampe, un giovane che regge una torcia, una donna velata e altre figure, tanti simboli arcani che raccontano dell’immortalità dell’anima, della sapienza dell’artista e della sua ispirazione. È attualmente in corso un restauro, reso particolarmente delicato proprio dall’incredibile presenza di elementi artistici di pregiata fattura.
IL LABIRINTO STORICO
Molti assimilano una visita a Venezia ad un interminabile giro all’interno di un labirinto costituito da calli e canali, ma una delle novità del XXI secolo in una città ricca di cimeli storici come Venezia, è la costruzione di labirinto fatto di siepi in cui impazzire a ritrovare la strada. Realizzato nel 2011 per rendere omaggio allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, in occasione della ricorrenza dei 25 anni dalla sua morte, il labirinto è costituito da un chilometro di sentieri che si biforcano, composto da 3200 piante di bosso disposte secondo il disegno dell’architetto Randoll Coate. Si tratta di un monumento che potrà sembrare insolito, ma è strettamente connesso alla poetica dello scrittore argentino: un tema ricorrente nei suoi libri è proprio l’immagine del labirinto, che simboleggia la complessità del mondo e la difficoltà dell’uomo a trovare la propria strada. L’opera è stata realizzata sull’Isola di San Giorgio Maggiore, raggiungibile con un breve tragitto in vaporetto partendo da Piazza San Marco: all’arrivo basta girare intorno alla Basilica per giungere all’ingresso del labirinto, per iniziare un’esperienza che permette di visitare la “Nuova Manica Lunga“, osservare il Labirinto Borges dall’alto e percorrerne i sentieri, accompagnati da un’audioguida con la colonna sonora originale, composta da Antonio Fresa ed eseguita con l’Orchestra del Teatro La Fenice.
LA VENEZIA DI DANTE ALIGHIERI
Forse non tutti sanno che Dante, durante i suoi viaggi da esule lontano dalla sua Firenze, visitò anche Venezia, nei primi mesi del 1321 come ambasciatore di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna. Dante fu molto colpito da Venezia, soprattutto dall’Arsenale, il cantiere dove i Veneziani crearono la loro incredibile flotta e che a quel tempo era in piena attività, tanto che nel canto XXI dell’Inferno, per spiegare la pena riservata ai barattieri, l’immersione nella pece bollente, il Sommo Vate utilizza un’immagine ispirata all’Arsenale di Venezia “Quale nell’Arzanà de’ Viniziani bolle l’inverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani”. Queste tre terzine di Dante sono poste su una lapide posta alla sinistra dell‘ingresso principale dell’Arsenale, di fianco a un busto a lui intitolato, frutto di una lunga peripezia e continui trasferimenti, fino alla sua collocazione, il 20 settembre 1967 in occasione del ventennale della perdita dell’Istria, lì dove lo si può ammirare anche oggi. Curiosamente, la visita di Dante a Venezia gli fu fatale, poiché sulla strada del ritorno, passando nei pressi delle Valli di Comacchio, Dante contrasse la malaria, che lo uccise a Ravenna il 14 settembre 1321.
LA CRIPTA ALLAGATA DI SAN ZACCARIA
La Chiesa di San Zaccaria, a poca distanza da Piazza San Marco, è una delle più belle di Venezia, con interni particolarmente ricchi di opere d’arte, protetti da una facciata quattrocentesca, ma la bellezza che custodisce va conquistata, perché si trova in un angolo quasi nascosto, dove si può vivere l’esperienza di osservare una delle poche cripte che possono essere visitate a Venezia. Vicino alla cappella di San Tarasio, in corrispondenza di una delle absidi, si devono scendere i gradini che conducono alla cripta, per sbucare in un ambiente a tre navate con colonne e volte a crociera, dove venivano sepolti i primi dogi della Serenissima. A seguito dell’innalzamento progressivo del livello medio del mare, questa cripta si trova ora quasi costantemente allagata, per cui quando il livello dell’acqua è basso, è possibile inoltrarsi al suo interno solo attraverso un camminamento rialzato; quando l’acqua supera una certa altezza, è possibile viceversa osservare la cripta solo dagli ultimi gradini delle due scalinate opposte da cui si raggiunge la cappella di San Tarasio: è così che la presenza dell’acqua trasforma l’ambiente rendendolo affascinante ed unico. In queste occasioni, le colonne e le volte si specchiano sull’acqua limpidissima, creando un suggestivo effetto di raddoppio degli spazi, che aggiunge profondità e crea nuove prospettive assolutamente uniche.