La lunga convivenza con la pandemia ha avuto un forte impatto sui modelli comportamentali in molti comparti del mondo dei consumi alimentari fuori casa: i fenomeni di asporto e consegna a domicilio ne sono certamente l’esempio più lampante.
Curiosamente va ammesso che, in molti di questi casi, al netto di tutti i disagi e i danni economici scaturiti dal periodo di limitazioni imposte dalle regole sanitarie di prevenzione, queste esperienze hanno contribuito ad accelerare l’accettazione da parte dei consumatori di innovative formule di fruizione del cibo e ad ottimizzare pratiche in uso solo in casi particolari.
Non è così però per il mondo alberghiero, in particolare nel comparto delle colazioni, dove l’impatto della pandemia ha totalmente rimescolato le carte del servizio: dall’ordine fatto la sera prima con la consegna in camera alla colazione servita al tavolo come per gli atri pasti della giornata, dal buffet a libero servizio con utilizzo esclusivo di monoporzioni alla colazione a buffet totalmente assistita.
Queste diverse esperienze, oltre a sottostare alle esigenze dettate dalla pandemia, hanno anche permesso di mettere a confronto soluzioni diverse per ricercare la “colazione perfetta”.
Andrebbe tutto bene, se non fosse che, leggendo gli articoli dei portali di riferimento del settore HoReCa, ci si imbatte in valutazioni spesso contraddittorie dove, se da un lato il ritorno ad un bel buffet a libero servizio viene osannato come una sorta di liberazione dalle limitazioni, quasi come un simbolico “inno alla gioia”, dall’altra parte diversi qualificati opinion makers individuano nel servizio al tavolo la nuova frontiera della colazione.
Va precisato però che sul tema colazione in hotel non è solo la pandemia ad avere stimolato le riflessioni, in quanto nello stesso periodo sono emersi altri fattori su cui riflettere, primo fra tutti il problema degli sprechi.
In una classifica dei comportamenti più scorretti che i clienti tengono in hotel, redatta dalle confessioni emerse in una serie di interviste nelle quali il 90% delle persone coinvolte ha ammesso di infrangere almeno una regola di “bon ton”, sono emerse situazioni curiose e molto diversificate.
Leggendo i risultati di questi studi, ci si imbatte quindi in comportamenti quali “bere bottiglie dal minibar e riempirle con acqua”, una prassi che sembra coinvolgere quasi il 20% della clientela, o ancora “fumare dalla finestra di una camera per non fumatori”, dove la percentuale arriva al 40%, fino ad arrivare a “non spegnere l’aria condizionata della stanza per tutto il giorno”, comportamento che coinvolge oltre il 70% della clientela.
Il dato più sorprendente però è scoprire che più del 60% della clientela “prende cibo dal buffet a colazione per consumarlo fuori dalla struttura anche dove palesemente vietato” e un’impressionante 80% ammette di “riempire il piatto al buffet per poi avanzarne una buona parte”, entrambi comportamenti che hanno logicamente un forte impatto soprattutto sul conto economico.
Alcuni propongono di inserire delle penali per il mancato consumo di ciò che si prende, imitando la prassi comunemente usata nei locali “all you can eat”, altri liquidano la questione asserendo che “lo spreco di cibo costa meno della manodopera necessaria per evitarlo”.
Non esiste ovviamente una verità assoluta, perché la numerica della clientela e la struttura stessa della sala colazione, rendono alcune strade più percorribili di altre, ponendo in seria discussione anche la soluzione del servizio al tavolo, perché al mattino il cliente non è quasi mai disposto ad attendere e quindi un buon servizio è sempre vincolato da una consistente presenza di personale in sala.
Il nostro consiglio è dunque quello di diffidare dai proclami sbandierati in rete da chi sostiene di avere trovato la soluzione assoluta, ma leggere con attenzione tutte le opinioni per trovare pratiche e consigli applicabili nella propria realtà.
Ogni proposta è in questo senso ben accetta!
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