Territori

Prelibatezze del Vesuvio

I prodotti agroalimentari tipici dell’area vesuviana sono il risultato di sedimentazioni culturali e colturali, del lavoro e della caparbietà di uomini e donne che hanno strappato con sacrificio alle lave pezzi di terra, rendendola negli anni coltivabili e sperimentando le colture più adatte alle condizioni ambientali del posto. In rappresentanza di tutti i prodotti che nascono in questo curioso territorio, ci soffermiamo su due vere prelibatezze, apprezzate in tutto il mondo.

POMODORINI A PIENNOLO

Il pomodorino del Vesuvio viene apprezzato sul mercato sia allo stato fresco, venduto appena raccolto sui mercati locali, che nella tipica forma conservata in appesa “al piennolo”, oppure anche come conserva in vetro, secondo un’antica ricetta familiare dell’area, denominata “a pacchetelle”, anch’essa contemplata nel disciplinare di produzione della DOP. Ordinariamente la raccolta viene effettuata recidendo i grappoli interi, quando su di essi sono presenti almeno il 70% di pomodorini rossi, mentre gli altri sono in fase di maturazione. Questa antica pratica consente di procrastinare il consumo delle bacche, integre e non trasformate, per tutto l’inverno successivo alla raccolta, fino a sette-otto mesi, utilizzando locali areati e senza il supporto delle moderne tecnologie di conservazione. Le peculiarità del “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” sono la elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione, durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell’area geografica in cui il pomodorino è coltivato dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. In quest’ambiente di elezione, la qualità del pomodorino raggiunge punte di eccellenza. Proprio la ricchezza in acidi organici determina la vivacità o “acidulità” di gusto, che è il carattere distintivo del pomodorino del Vesuvio.

ALBICOCCHE DEL VESUVIO

I nomi sono scelti poetici o bizzarri. Si chiamano Boccuccia liscia o Boccuccia spinosa, Vitillo, Pellecchiella, Cafona, Baracca e poi ancora Del Prete, Monaco Bella, Ceccona e Palummella. Tracce della loro coltivazione nei territori vesuviani esistono già dal IV secolo, ma è nel 1583 che si fanno più precise, quando Giovan Battista Della Porta, scienziato napoletano, le divide in due grandi gruppi: le bericocche (di forma tonda e polpa bianca e molle, aderente al nocciolo) e le chisomele (con la polpa non aderente al nocciolo, molto colorate, soavi e più pregiate). Tutte quante sono conosciute a Napoli come crisommole. Maturano da fine maggio a fine luglio e le molte varietà si differenziano per dimensioni, intensità del profumo, levigatezza della buccia e sapore, che va dalla straordinaria dolcezza della Pellecchiella – la migliore in assoluto – all’agro amarognolo della Vitillo.

“Romba, romba il Vesuvio, proprio su noi, proprio su tutti noi: alto è l’incendio del cratere, oramai, nella sera che discende; si erge, spaventosa, innanzi a noi, la duplice massa bruna e mostruosa delle due lave immote: ardono, esse, profondamente, le lave; e, intanto, una pazzia è nelle persone, popolani, contadini, signori, indigeni, napoletani, stranieri, come una tragica gazzarra è intorno a quel paesaggio di tragedia, fra il pericolo appena scongiurato di questa notte, e il pericolo imminente di domani!” (Matilde Serao – scrittrice e giornalista italiana)

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