La ciociaria (cioceria) rappresenta un’area che non ha confini definiti, ma corrisponde all’incirca all’attuale provincia di Frosinone, a parte una diversa conformazione a ovest e sud. Il nome, di uso popolare, deriva da quello delle ciocie, caratteristiche calzature portate un tempo da contadini e pastori, anche se vi sono controverse versioni sulla storia del termine, apparso per la prima volta sul finire del 1700 e, in alcune occasioni, associati ad aggettivi non troppo lusinghieri.
La Ciociaria è una terra particolarmente ricca di acque e perciò verde per buona parte dell’anno, per questo motivo i turisti che per la prima volta giungono in zona, specialmente se la primavera è già inoltrata, hanno l’impressione di immergersi in una sorta di cascata di verde, con i boschi ed i manti erbosi che si estendono fino in pianura, assumendo svariate sfumature di colore.
Pochi sono i centri con popolazione numerosa, ma molti sono i borghi che meritano anche solo una fugace visita, ricchi di angoli di pace e scorci unici, che proiettano indietro nel tempo, a toccare con mano la storia e i segreti di questa terra.
«Ed un ciociaro, nel mantello avvolto,
Giosuè Carducci,
grave fischiando tra la folta barba,
passa e non guarda.
Febbre, io qui t’invoco, nume presente.»
dalle «Odi Barbare» del 1889
A SPASSO PER I BORGHI
Sono 91 i borghi della Ciociaria, da Acquafondata (350 abitanti di un borgo posizionato a 900 metri d’altezza) a Viticuso (centro agricolo fondato dai monaci di Cassino che conta oggi circa 400 anime), per rispettare l’ordine alfabetico e ognuno di essi meriterebbe una nota.
Qui vi proponiamo un piccolo esempio, con un’escursione di appena 50 chilometri, che tocca luoghi incantevoli e rappresenta solo un piccolo spunto su cui costruire percorsi di storia e di natura in un territorio che merita sicuramente la scelta non solo per un weekend, ma anche per una o più settimane.
Cassino: seconda città della provincia con i suoi 33 mila abitanti, ereditò il nome attuale dall’antica città osca, confederata con i Sanniti, “Casinum”; fino a quel momento, siamo nel 1871, la città era conosciuta con il nome di San Germano. Ha subito ingenti danni nel corso della seconda guerra mondiale, come testimoniano ancora oggi i cimiteri militari polacco, inglese, tedesco e italiano, dove riposano più di 30.000 soldati, ma la cosiddetta “Città Martire” è stata rapidamente ricostruita, seguendo i più moderni criteri urbanistici.
L’ Abbazia di Montecassino, fondata nel 529 da Benedetto da Norcia, che ha subito ben quattro distruzioni nella sua storia millenaria, è il luogo in cui il santo patriarca fondò la famosa “Regola” che si irradiò in tutto il mondo occidentale. Tracce dell’epoca imperiale romana si trovano nella zona archeologica, dove meritano una visita i resti dell’Anfiteatro e il Sepolcro di Ummidia Quadratilla (sec. I d.C.), ma degni di nota sono anche il Teatro di età augustea, ancora oggi efficiente, e le Terme Varroniane, edificate proprio sulle rovine della villa di Marco Terenzio Varrone.
Castrocielo: risalendo da Cassino verso nord per soli 15 chilometri, si incontra Castrocielo, le cui origini risalgono alla fine del VI secolo d.C., quando gruppi di famiglie Aquinati, dopo la distruzione della loro città ad opera dei Longobardi, si ridussero ad abitare sulla sommità del Monte Asprano. Nel 1603 erano rimaste sulla montagna solo 12 famiglie e quando anche esse scesero a valle, diedero vita al nuovo insediamento di Castro Cielo Palazzolo, trasformato semplicemente in Castrocielo con un decreto del Distante meno di 20 chilometri dalla Linea Gustav, sul finire della seconda guerra mondiale, il paese e la sua popolazione hanno sofferto soprusi e devastazioni di ogni genere; per questa ragione nel 2004, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha concesso a Castrocielo l’alta onorificenza della “Medaglia d’argento al merito civile”.
Arpino: proseguendo sulla strada statale 6, si effettua una deviazione per raggiungere il paese di Arpino, adagiato sul versante sinistro della media valle del fiume Liri, su di un sistema collinare, dominato dall’acropoli, detta Civitavecchia. A un’altitudine di circa 450 m s.l.m., Arpino conta circa 7.500 abitanti ed è caratterizzata dalle imponenti mura megalitiche, dette anche ciclopiche, per la grandezza dei massi con cui sono costruite e dove si può ammirare una originale porta a sesto acuto, unica del genere in Europa, che rende indimenticabile la visita all’acropoli, situata a un’altitudine media di 630 metri, da cui si può godere anche di una vista invidiabile.
Sora: basta spostarsi di ulteriori 10 chilometri per giungere a Sora, uno dei maggiori centri della provincia di Frosinone, con i suoi 27 mila abitanti che popolano il paese che sorge nel punto d’incontro delle tre valli del Liri, di Roveto e di Comino, a 300 metri d’altezza. Circondata da monti che fanno da barriera alle correnti fredde provenienti da nord e calde che invece giungono da sud, Sora è nota per il suo clima mite per tutto il corso dell’anno: qui le temperature in inverno scendono raramente sotto lo zero, mentre in estate difficilmente salgono oltre i 35 °C. Numerosi sono i monumenti che si possono ammirare, tra i tanti consigliamo la Cattedrale, sede vescovile, l’Abbazia di S. Domenico, S. Restituta con il portale trecentesco, il Convento dei Padri Passionisti e ancora il Santuario rupestre del Dio Silvano del sec. II d.C. e infine i resti del Castello di S. Casto, raggiungibile attraverso una suggestiva passeggiata sul colle, che ritempra lo spirito e tonifica il fisico.
CIOCIARIA NELLO SPETTACOLO
Ricorre quest’anno il decennale della scomparsa di Nino Manfredi, poliedrico artista che ha spaziato nella sua vita dall’attività di attore a quella di regista, oltre che sceneggiatore, doppiatore, scrittore e anche cantante. Il popolare attore, riconosciuto come uno dei “mostri” della commedia all’italiana. nacque nel 1921 a Castro dei Volsci, un piccolo borgo della provincia di Frosinone, che conta oggi circa 5 mila abitanti, raccolti intorno alla stupenda Fontana Grande, che orna la piazza principale.
Molti artisti hanno dichiarato di avere trovato l’ispirazione, per ambientazioni letterarie e set cinematografici, proprio nei borghi della Ciociaria, sostenendo che questi luoghi bene esprimono lo spirito del provincialismo meridionale.
Tra le tante opere ambientate in questa terra, quella che ne è divenuta il simbolo è “La ciociara” un romanzo di Alberto Moravia del 1957, divenuto 3 anni più tardi un film di notevole successo; diretta da Vittorio De Sica, la pellicola fu interpretata da Sophia Loren, che si consacrò al grande pubblico, vincendo il David di Donatello e il Nastro d’argento in Italia e all’estero il prestigioso primo Oscar assegnato ad un’attrice per un film non in lingua inglese, ma anche il premio per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes.
Il romanzo è ambientato durante la seconda guerra mondiale e narra la storia di Cesira, una giovane forte e risoluta, che vive a Roma insieme alla figlia di 13 anni, Rosetta, che per sfuggire ai bombardamenti e alle insidie di una città allo sbando, intraprende un viaggio non semplice verso la valle di Fondi, sua zona di origine. È curioso il fatto che la Loren, allora ventisettenne, era stata avvicinata inizialmente per interpretare il ruolo di Rosetta, ma per questa ragione Anna Magnani rifiutò il ruolo di madre, che passò quindi a Sophia, mentre Rosetta venne interpretata da una giovanissima Eleonora Brown.